Frutto del lavoro di un pioniere del rinnovamento della storiografia giuridica brasiliana, il libro raccoglie un insieme di saggi suddivisi tematicamente in tre sezioni (Teoria, storia e metodo; Cultura giuridica, codici, interpretazione; Storia del processo e della giustizia), ove il centro di attenzione si appunta sulla cultura giuridica, filtro attraverso il quale l’autore guarda tutte le manifestazioni dell’universo del diritto.
Molti e praticamente in ogni pagina gli spunti di interesse per il lettore europeo (la collocazione e la funzione della storia del diritto nei curricula didattici, il rapporto tra diritto ed economia, il processo di formazione del diritto mercantile in età moderna, la costituzionalizzazione del problema della giurisdizione nell’Ottocento, l’officina interpretativa di Ascarelli nel periodo brasiliano, ecc.), come forse ci si aspetta dati i legami ordinamentali che per secoli unirono il Brasile al Portogallo e quindi al modello ordinamentale del nostro continente. Ma l’autore ci mette molto di suo, guardando criticamente alla cultura classica come alle suggestioni del realismo anglo-americano, in un mix attraverso cui sembra che il problema del “pensare” sia non meno importante di quello del “sapere”.
Nella crisi di crescenza della storiografia giuridica, da tempo fuoriuscita dagli angusti steccati nazionali e beneficamente aperta alle contaminazioni del pensiero teorico, il libro testimonia un modo di fare storia del diritto tanto aperto al sociale quanto ricco di strumentazione tecnica.
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Molti e praticamente in ogni pagina gli spunti di interesse per il lettore europeo (la collocazione e la funzione della storia del diritto nei curricula didattici, il rapporto tra diritto ed economia, il processo di formazione del diritto mercantile in età moderna, la costituzionalizzazione del problema della giurisdizione nell’Ottocento, l’officina interpretativa di Ascarelli nel periodo brasiliano, ecc.), come forse ci si aspetta dati i legami ordinamentali che per secoli unirono il Brasile al Portogallo e quindi al modello ordinamentale del nostro continente. Ma l’autore ci mette molto di suo, guardando criticamente alla cultura classica come alle suggestioni del realismo anglo-americano, in un mix attraverso cui sembra che il problema del “pensare” sia non meno importante di quello del “sapere”.
Nella crisi di crescenza della storiografia giuridica, da tempo fuoriuscita dagli angusti steccati nazionali e beneficamente aperta alle contaminazioni del pensiero teorico, il libro testimonia un modo di fare storia del diritto tanto aperto al sociale quanto ricco di strumentazione tecnica.
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